STORIA DI UN PB

VERONA MARATHON

arena vr500

Un PB che non arriva dopo settimane di preparazione mirata, seppur funestata da tendiniti e problemi quotidiani; un PB che non arriva in una maratona annunciata difficile dalle condizioni atmosferiche, ma soprattutto un PB che non arriva perchè il motore decide di non girare già dal 16esimo km.

Così è andata la maratona di Venezia e dopo la rabbia, l’amarezza e tutti quei sentimenti che accomunano il runner insoddisfatto decido di provare a correre la maratona di Verona dopo tre settimane.

Avrei provato a correrla il giorno dopo pur di dimostrare a me stesso che sarei nuovamente riuscito a coprire quella distanza in tempi per me decorosi.

Due richiamini come allenamenti per essere a posto come gambe e come coscienza.

Sono tre settimane difficili in cui ho poca voglia di correre, di allenarmi, non ne posso più del nero bitume ma devo rimanere determinato e disciplinato e condurre la solita “regolata vita”.

La maratona, la Regina, richiede dedizione e rispetto; è una competizione che patisco e non riesco a correrla a cuor leggero (in tutti i sensi!).

Unica nota positiva il mio gruppo di allenamento (ndr sport2win) sarà presente e il cocktail di atleti è composto da due orchi, un’atleta dell’orecchiella garfagnana, nove orange e il coach.

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Grande assente la nostra nazionale Chiara ferma per un infortunio al piede; prometteva bene anche su asfalto dopo le ultime gare; correrò con il suo pettorale a me trasferito.

Assente all’ultimo minuto per un infortunio anche Alessio la nostra scheggia sulla mezza distanza.

Ognuno col suo peso sulle spalle e il coach con 11 pesi; chi farà la mezza, chi la maratona, chi per la prima volta chi per ritoccare il pb.

Il ritrovo per tutti è a Verona il sabato pomeriggio dove abbiamo prenotato 4 appartamenti.

Ci si incontra all’expo e si torna in bus (meglio risparmiare le gambe anche per solo tre km).

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Dopo la suddivisione delle stanze e dei letti ci si tuffa sulla merenda già pensando alla cena.

La spesa è stata sapientemente studiata dove i carboidrati la fanno da padrone, tonno e parmigiano come se piovesse.

Il cameratismo aleggia e alleggerisce la tensione e la preoccupazione; le ansie vengono equamente ripartite e anche il briefing tecnico tenuto dal coach a stomaco pieno è rassicurante.

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Una cosa è certa: l’indomani mattina si correrà senza fascia cardio!

Prima di una maratona penso di non aver mai riposato così bene; il gruppo fa la differenza e non solo in allenamento.

Ti svegli al mattino e tutte le tue paranoie da runner sono comuni al gruppo: dall’alimentazione, alle pratiche del bagno, gli unguenti e via discorrendo.

L’armata brancaleone torinese parte alla volta del gonfiabile, tendini infiammati, un polpaccio dolorante, malesseri pre-maratona e testa soprattutto testa !!!!

Riscaldamento e alleggerimento impianto idrico, sempre sotto pressione, nel centro storico; la formazione in griglia prevede Roby e il sottoscritto con dietro Max che coprirà la mezza distanza; il coach qualche   decina di metri davanti: una garanzia, una sicurezza.

Coscienti che è presente, che corre per noi, motivo in più per far bene ma motivo in più per star sereni (si fa per dire!).

Lasciamo tranquilli Paola e Gaetano mentre Manuel è già nelle prime file cosi come i nostri veloci della mezza (Cecilia, Gabriele, Fabio); Marco ed Emanuele seguiranno i pacers delle 3h20’.

Un paio di chilometri per mettersi in bolla col passo e raggiungere il coach; non è necessario parlare, sappiamo quello che dobbiamo fare e volano i primi 10000; ci si alterna a stare davanti, Max chiude il trenino; massima concentrazione, qualche chiacchiera con Roby, siamo osservati il coach vede anche quando siamo dietro!

Passiamo la mezza “on time” e Roby deve sganciarsi per il polpaccio dolorante e procedo da solo.

La testa inizia a pensare al risultato di Venezia, non c’è niente da fare mi ha lasciato una piccola ferita, una cicatrice, un livido, un non so cosa che appena sfiorato fa male; continuo a pensare di non farcela, di cedere, e se poi cedo, le gambe non reggono; assumo gel e acqua con regolarità e non vedo il coach.

Al giro di boa sul lungo Adige del 31esimo km lo incrocio, uno sguardo, un ok con la mano e ci capiamo al volo; di nuovo non c’è bisogno di parlare e so cosa devo fare.

Anche i 30 sono passati “on time” ma non sono sereno e continuo a correre cercando di tenere il passo.

E’ la prima volta, dopo 15 maratone, che non riesco a fare click e a non pensare, non so se sia meglio una tale concentrazione o un’estraneità a quello che si sta facendo.

Inizia la mia maratona al 35esimo dove le gambe girano ancora ma ancora la testa e ancora i cattivi pensieri che non mi mollano, mi guardo intorno, qualche tratto in pendenza che non aiuta, ancora gel, ho la nausea ma devo ingurgitarli, cedo di poco il passo, strattono per mantenerlo entrando nel centro storico pieno di gente urlante che ti carica e ti regala qualche secondo / km in meno.

Mi emoziono al 40esimo guardando l’orologio e sono poco sotto le tre ore ma mancano ancora 2,195 fottutissimi km, il porfido sostituisce l’asfalto, mancano 500 metri, ultima curva e distinguo le urla di Francesca, Gabriele e Fabio, si gira attorno all’Arena e poi la voce dello speaker e il gonfiabile.

Il Personal Best è arrivato: 3h09’34”.

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Cara la mia testa questa volta ho vinto, hanno vinto le mie gambe, ha vinto il mio cuore;

hanno vinto il gruppo, la squadra e ha vinto il coach con 11 goals su 11 tiri.

La strada e’ lunga e…asfaltata!

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